Ti parlo di me.

Non ho frequentato alcuna accademia drammatica.

Mi sono formata nel corso degli anni rubando, ai validi maestri che ho avuto la fortuna di incontrare, quello che mi è sembrato funzionale al mio modo di essere.

Ho iniziato a scrivere commedie in vernacolo nel 1982 (tredici commedie tuttora rappresentate da numerosi gruppi teatrali).

Da tempo non scrivo commedie in vernacolo. La mia attenzione è rivolta a testi che mi hanno rappresentato man mano che il mio percorso artistico si andava snodando.

Particolare attenzione all’universo femminile.

La mia scuola di teatro è stata la piazza. Raramente ho presentato i miei lavori nei teatri.

Spazio scenico occasionale.

La mancanza di mezzi mi ha indotto ad optare per un teatro essenziale: quasi tutti i miei lavori prevedono in scena cassette della frutta adeguatamente irrobustite; e stoffe e oggetti di scena facilmente reperibili.

Mi piace insegnare a chi frequenta i miei laboratori che la mancanza di risorse finanziarie non deve condizionare l’espressione creativa.

Si può fare.

Grazie alla mia formazione di Counsellor (IACP) ho rimodulato il mio metodo ottenendo risultati davvero gratificanti. Non per mio merito. Applico solo l’approccio Rogersiano.

Non ho mai avuto la possibilità di dirigere professionisti (e questo mi manca un po’). La mia anima di teatrante ribelle deve essere tenuta a bada a favore della necessità di accompagnare con la cura dovuta le persone che mi seguono. Lavorare con chi di teatro vive sarebbe per me estremamente stimolante ma, forse, non è la mia missione.

Amo immensamente scrivere. Mi piace dedicarmi alla regia. Recito solo se non trovo nessuno a cui far dire le cose che devo esprimere.

Non ho scelto di fare teatro. La dimensione creativa mi ha salvata dall’inebetimento nell’infanzia e dalla depressione da adulta. Ma questa è un’altra storia…

Il fatto è che, nonostante le difficoltà, trovo sempre uno spazio dove poter realizzare e sperimentare le mie visioni…

Il fatto è che non posso smettere di fare teatro perché è l’unico modo che conosco per non sentirmi priva di senso.